La Devozione alla Madonna del Carmine: Bettina e l'ordine Carmelitano.
Negli anni novanta del XX secolo alla parrocchia di San Lorenzo a Campi sono stati annessi il territorio e la popolazione della confinante parrocchia di San Martino, cambiando dopo molti secoli nome e diventando così Parrocchia dei Santi Lorenzo e Martino. Siamo diventati quindi partecipi a pieno titolo della gioia di avere come nostra paesana una grande figura: Teresa Manetti, conosciuta da tutti come la Bettina. Beatificata da papa Giovanni Paolo II a Firenze, il 19 ottobre 1986 e con delibera del consiglio comunale n.180 del 07 Dicembre 1999, in seduta pubblica, dichiarata Patrona del nostro Comune.
Ho sempre desiderato conoscere a fondo questa famosa campigiana e due anni fà ho avuto l'occasione di scrivere un suo profilo biografico da cui traggo queste notizie.
L'ordine dei Fratelli della Beata Vergine Maria del monte Carmelo detti comunemente Carmelitani, ha le sue origini nell'anno mille sul quel monte in Palestina. Da sempre questo monte è stato considerato il giardino verdeggiante simbolo di fertilità e bellezza; ”Kamel” in aramaico significa giardino.
E' un ordine religioso cattolico, eremitico, contemplativo. Stabilitosi poi in occidente fu assimilato all'ordine dei mendicanti e sull'esempio di Maria e del profeta Elia, si dedicano alla preghiera contemplativa e apostolato. L'abito è costituito da una tonaca color tanè e cappa bianca. Dalla riforma di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d' Avila ebbero origine i Carmelitani “ Scalzi ” o Teresiani frati e monache che, nel 1593, ottennero da papa Clemente VIII una completa autonomia dai Carmelitani di antica osservanza detti poi “Calzati”.
Bettina quando si trattò di scegliere uno stile di vita, era indecisa fra due ordini: quello francescano e l'ordine Teresiano. Un frate francescano, padre Andrea da Quarrata, suggeriva a Bettina l'ideale del Santo di Assisi.
“Vedremo chi vincerà, se San Francesco o Santa Teresa”, diceva Bettina. Ma la scelta era già stata fatta. In uno dei suoi raccoglimenti misteriosi e ineffabili, Bettina aveva veduto e udito S. Teresa d'Avila che la invitava a seguirla. Aveva quindi vinto la grande mistica, Bettina scelse l' ideale del Carmelo, fatto di contemplazione e di amore totale a Dio e propose alle sue amiche la regola del Terz' Ordine Carmelitano di S. Teresa.
“Bambine bisogna essere povere e umili. Andiamo a farci sante. Non pensiamo a noi; a noi penserà il Signore” E' il tramonto del 15 luglio 1874, ai primi vespri della Madonna del Carmine, Bettina assieme a Isolina e Anna diventano Terziarie Carmelitane avviandosi verso il casolare solitario e silenzioso sotto il Bisenzio chiamato il “Conventino”. Il 12 luglio 1888 nella nuova chiesa, Bettina e altre ventisette donne si avvicinano all'altare per compiere l'atto definitivo della loro scelta. Cadono i capelli, si indossano le vesti carmelitane, si cambia il nome in segno di totale appartenenza a Cristo e Bettina sarà d'ora in poi Suor Teresa Maria della Croce. Un grande avvenimento si era attuato. E' il mistero dei disegni di Dio e l'ineffabile gioia di chi a lui si affida. Si era trapiantata dalla Castiglia alle rive del Bisenzio una nuova linfa che avrebbe maturato nel tempo il miracolo di donne che sceglievano Dio come loro ideale e sorgente di vita: lo Spirito del Carmelo. A questo scopo la Madre, indirizzava la sua opera, i suoi sforzi, i suoi insegnamenti. Sulla porta di ogni cella, lungo i corridoi, Bettina aveva fatto apporre iscrizioni della grande Santa d'Avila “Dio solo basta. Troverà Dio chi lascerà se stesso. Cammina alla mia presenza e sarai perfetto”.
Dopo aver scoperto Bettina mi rimane sempre il solito desiderio che col tempo è diventato come un tormento: esiste un legame fra Bettina e l'antica devozione alla Madonna del Carmine del mio popolo di San Lorenzo? Avrà saputo Bettina di questa devozione e del quadro della Madonna del Volterrano? Purtroppo non ho trovato nessun conferma, ma voglio credere che così sia stato e a questa speranza non voglio rinunciare.
Da “Profilo Biografico Teresa Maria della Croce - Bettina” Anno 2019.
Franco Masi
Il Quadro e la devozione della Beata Vergine Del Carmine
Dipinto prima del restauro | Dipinto dopo il restauro |
Con l'articolo “L'antica festa della Madonna del Carmine siamo venuti a conoscenza dell'esistenza nella chiesa di San Lorenzo di un quadro attribuito al pittore Baldassarre Franceschini detto il “Volterrano" e la cui datazione più probabile sembra essere il settimo decennio del XVII secolo. Riscopriamo ora questa storia dimenticata della devozione e venerazione del nostro popolo facendo riemergere le vicende e i momenti salienti che hanno caratterizzato la sua religiosità.
Nell'inventario dell'8 dicembre del 1676, redatto dopo la morte del parroco don Andrea Palloni, si rileva che l'altare della Vergine Maria, tradizionalmente di pertinenza della compagnia di San Girolamo, non viene più associato a essa, ma ricordato come altare dedicato alla Madonna del Carmine. Questa nuova dedicazione è facilmente comprensibile considerando che, proprio presso questo altare, era stata canonicamente eretta, con Bolla del 7 Dicembre 1604 dal Generale dei Carmelitani, una Congregazione sotto la protezione della Madonna del Carmine. Nella visita pastorale dell'Arcivescovo Antonio Morigia del 1679 si specifica che l'altare “ sub Titulo S.Mariae de Carmelo Monte est ornatum cum tabula picta in qua est imago Beatae Mariae Virginis.” A seguito delle volontà testamentarie di Giovanni Domenico del fù
Francesco Bacci, risalenti al 15 maggio 1711, viene costruita nel 1740 la prima cappella in fondo sul lato destro della chiesa e all'interno viene costruito un nuovo altare sempre dedicato alla Madonna del Carmine.
Verso la metà del XVIII secolo il pievano di Santo Stefano Ferdinando Palloni redige un inventario in cui viene ricordato, finalmente senza alcuna ombra di dubbio, il quadro della “ Santissima Vergine del Carmine col bambino in collo al quale sono già state applicate le mezze corone d'argento in foglia ; inoltre compare per la prima volta una statua “ alta braccio e sesto “, anch'essa raffigurante la Madonna del Carmine, conservata in un armadio a muro ”appiè della chiesa”.
Molto caratteristica è la descrizione della statua, periodicamente portata in processione: ” Essa era addobbata con veste rossa di seta tessuta di fiorellini d'argento; al lembo della Madonna guarnizione d'oro, col manto celeste col suo velo bianco sotto, con gigliettino d'argento ed al manto gigliettino d'oro; in capo alla medesima una coroncina d'argento, al collo un filo di perle scaramazze, in petto due crocelline col suo Crocefisso, il tutto d'argento, alta due soldi di braccio; una medaglina
di filigrana d'argento e due gioiellini in petto, legato al braccio destroun anellino piccolo d' oro con pietra turchina.” La statua rimase in possesso della chiesa almeno fino al 1824, dopo tale data non compare più in nessuno degli inventari che descrivono gli arredi di San Lorenzo.
La piccola corona in argento, ancora oggi conservata in canonica, è l'unica testimonianza sopravvissuta riferibile con ogni probabilità a tale simulacro. In occasione della soppressione del patronato del popolo, viene redatto un nuovo inventario datato 31 marzo 1790, dove viene descritto per la prima volta l'altare della Madonna del Carmine nella forma che ha conservato fino ai giorni nostri. Il bellissimo altare in pietra serena scolpita, presenta al centro del timpano spezzato il
cartiglio sagomato con la seguente iscrizione “ Protectio Nostra Spes Nostra. “ e sotto la mensa una lastra in pietra serena con incisa l' iscrizione “ A.D. MDCCLXXXIII ”. Sull'altare erano collocati: “un'immagine della Madonna in una custodia con cristallo ”, da identificare con la statua processionale che nel 1759 era conservata in un armadio a muro in cima alla chiesa e ” il quadro di tela dipintovi la BVM del Carmine ” posto in un tabernacolo di legno perlato e dorato con cristallo e coperto all' interno da una tendina di seta celeste con bordo d'argento e in mezzo il monogramma M.
Il dipinto ha subito nel tempo delle trasformazioni: prima del restauro lo ricordo con un fondo completamente nero di difficile leggibilità e coperto da ex voto; ben visibili erano soltanto il viso della Vergine e del Bambino Gesù. Il 18 Novembre 1955 il quadro viene ritirato dalla Soprintendenza di Firenze, restaurato e riconsegnato il 21 dicembre. Nel corso del restauro il dipinto è sottoposto a rintelatura, ripulitura e integrazione pittorica viene liberato dai monili che erano stati
appiccicati nei secoli bucando in più punti la tela, secondo un'usanza devozionale riservata alle immagini particolarmente venerate dal popolo. Gli ex voto consistevano: in due corone in argento sbalzato una della Madonna l'altra del Bambino, una collana di perle, una catenina d'oro e un anello con pietre di cui una grande e dieci piccole. Ad oggi nessuno di questi oggetti è reperibile.
Nel 1985, in seguito ad un fallito tentativo di furto, il dipinto rintelato e arricchito di una nuova cornice è spostato dal parroco don Aroldo Carotti all'altare dell' Arcangelo Raffaele e successivamente per motivi di sicurezza viene definitivamente ricoverato in canonica e di conseguenza sottratto al culto e alla devozione secolare. Vorrei che questa memoria storica fosse di stimolo e di speranza affinchè l'Immagine sia restituita alla venerazione del popolo di San Lorenzo.
Questo è l'augurio che faccio alla nostra comunità parrocchiale sperando che le notizie qui riportate siano un' occasione per ripensare alla nostra tradizione e ricordare che la memoria fa forte un popolo perchè si sente radicato nella storia.
Da “ Memoria storica di un'antica devozione alla Vergine del Carmine
venerata nel popolo di San Lorenzo a Campi.” Masi Franco.
Le Quarantore e la Festa dell’Epifania
Fra le manifestazioni del culto eucaristico si annoverano le Quarantore, un tempo così diffuse e così solenni da costituire un rinnovamento spirituale, di preghiera, di penitenza, di comunione per tutti i credenti.
Questa pratica di devozione consiste nell’adorazione per quaranta ore continue del Santissimo Sacramento, visibile nell’Ostensorio contenente l’Ostia, solennemente Esposto sull’altare. Il nome Quarantore richiama il periodo trascorso fra la morte di Gesù il Venerdì Santo (ora nona) e la Sua risurrezione all’alba della Domenica di Pasqua; “Cristo fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture” (Prima lettera ai Corinzi 15, 3-4), principio di fede confermato nel Credo. Con il trascorrere del tempo le Quarantore acquistano lo stile, l’importanza e l’efficacia di vere missioni popolari affidate a predicatori, diventando così un mezzo d’integrazione di quelle quaresimali, considerate strumenti di grazia e di rinnovamento della vita cristiana. A causa degli inevitabili cambiamenti e della crisi della fede, questa pia pratica, come molte altre, si è attenuata.
Il Vaticano II “nell’Eucharisticum Mysterium“ detta alcune norme per questa devozione, soprattutto nel senso che l’esposizione deve legarsi con la celebrazione eucaristica in cui viene consacrata l’ostia da esporre all’adorazione e concludersi con il rito solenne della benedizione. Dal 1967 con la nuova liturgia, il termine quarantore si modifica in “Esposizione Solenne del Santissimo Sacramento”. Un esame articolato è necessario per conoscere come si svolgevano, nella nostra parrocchia, le Quarantore. Si celebravano ogni anno nei due giorni precedenti e nella festa dell’Epifania. Mi ricordo, in particolare, l’altare maggiore e i tre archi dell’abside addobbati, (allora si diceva assettati) con pregiatissime stoffe rosse e argento piegate e arricchite con drappi e nastri degli stessi colori.
Sull’altare maggiore, ornato con fiori e luci, veniva collocato il tempietto dorato in stile gotico per mostrare l’ostensorio con l’ostia consacrata. Nei primi due giorni la mattina alle ore sette veniva celebrata la santa messa. Alle ore otto, il suono dell’Ave Maria, che si ripeteva ogni ora, dava inizio al rito di guardia per l’adorazione. Alle nove della sera; si svolgeva la celebrazione del santo rosario, seguiva la predica fatta dal padre cappuccino e infine la benedizione eucaristica concludeva la giornata. Famose mi ricordo le prediche di padre Emanuele da Poppi. Il giorno dell’Epifania iniziava con le due consuete sante messe, alle 11 solenne messa cantata in terzo celebrata dal padre cappuccino e la sera a conclusione vespri e benedizione eucaristica finale. Nell’anno 1961, il parroco don Onorio Masetti, spinto dal desiderio di facilitare le confessioni, data la presenza del padre cappuccino e di rendere più solenne il Natale, sposta le Quarantore nei tre giorni precedenti la quarta Domenica d’Avvento.
Da: "La fede, la storia, la tradizione del popolo di san Lorenzo a Campi"
Franco Masi
L'Antica Festa di San Sebastiano
L'Antica Festa di San Sebastiano Patrono della Misericordia
Il 20 Gennaio la Chiesa celebra la festa di San Sebastiano.
Informazioni e leggende in special modo su alcuni episodi della sua vita, sono narrati nella “Passio Sancti Sebastiani”. Sebastiano nasce a Narbonne in Francia nel 256, non c'è invece, una data precisa sulla sua morte 20 gennaio del 288 o 304. Si trasferì a Milano, dove fu educato e istruito nei principi della fede cristiana. Si recò poi a Roma, dove diventò un alto ufficiale dell'esercito pretoriano imperiale. Forte del suo ruolo, potè sostenere i cristiani incarcerati, provvedere alla sepoltura dei martiri e diffondere il cristianesimo fra i militari. Quando Diocleziano scoprì che Sebastiano era cristiano, sentendosi tradito, lo condannò a morte. Fu legato a un albero, denudato, trafitto da molte frecce in ogni parte del corpo. Creduto morto i soldati lo abbandonarono, ma non lo era e una donna Irene, andò a recuperare il corpo, per la sepoltura, ma si accorse che il soldato era ancora vivo, lo curò dalle ferite e Sebastiano, prodigiosamente guarito, decise di proclamare la sua fede al cospetto dell'imperatore. Diocleziano decise allora che fosse flagellato a morte, castigo che fu eseguito nel 304. Il suo corpo fu allora gettato nella “Cloaca Maxima” dove fu raccolto dalla matrona Lucina che lo trasportò sino alle catacombe sulla via Appia dove fu sepolto.
San Sebastiano è invocato come patrono di molte delle Confraternite di Misericordia a causa del suo aspetto di soccorritore che interviene in favore dei sofferenti. Esaminando lo statuto della Misericordia di Campi Bisenzio, nata nel 1546, al titolo IV art 39 “Le feste” si legge: “ La Misericordia venera San Sebastiano quale suo protettore e patrono. La festa patronale si celebra, di regola, una volta all'anno nella domenica successiva al 20 gennaio, giorno dedicato al Santo patrono. In questo giorno dall'anno 1581 si ha, seguendo una bella tradizione, la benedizione e distribuzione dei pannellini, i famosi panini (ndr). Poichè il Santo è il patrono della Misericordia mi preme fare ora memoria storica del legame antico fra questa e la chiesa di San Lorenzo.
Nel 1816 la Misericordia lascia la pieve di Santo Stefano e con il consenso del parroco don Andrea Benini si trasferisce nell'oratorio di San Girolamo accanto alla chiesa e da allora assume il nome di Misericordia di San Lorenzo che conserverà fino al gennaio 1960, quando il nuovo trasferimento mette fine a un legame ultracentenario fra la Confraternita e la nostra parrocchia. L'orgoglio del popolo di San Lorenzo per aiutare la “ Venerabile “ si concretizza nel 1820 con la demolizione del campanile a vela e la costruzione, voluta dal parroco don Angiolo Benvenuti, del nuovo campanile a torre concepito per sostenere la grande campana, il cui scopo doveva servire a richiamare i confratelli residenti nei popoli vicini per compiere le opere di carità. Il campanone come veniva chiamato, tuttora di proprietà della confraternita, è ancora oggi collocato nella cella campanaria del ricostruito campanile e svolge la sua tipica funzione di richiamo per le funzioni. Fino all'inizio degli anni sessanta, la festa del Santo si
celebrava nella chiesa di San Lorenzo. Ricordo che il bell'addobbo dell'abside, allestito con drappi rosso e nastri oro, per le solenni Quarantore della festa dell'Epifania, veniva conservato per solennizzare la posa sull'altare maggiore della bella e originale statua del Martire, oggi conservata nel vicino oratorio della “ Casa del volontariato ” di via Saffi. Infine, rammento la caratteristica cerimonia dell'imposizione della veste chiamata “Buffa” ai nuovi fratelli durante la solenne messa, come i vespri e il solenne panegirico del Martire fatto dal padre cappuccino.
Su decisione del Magistrato, in questi ultimi anni, per permettere a tutta la popolazione campigiana di partecipare alla festa, viene scelta ogni anno una parrocchia diversa del vicariato per onorare il Santo martire.
Franco Masi
L’Antico Crocifisso
Profonda nei secoli, è stata la devozione verso questo meraviglioso Crocifisso, dal volto sofferente, che la tradizione tramanda come miracoloso. Dalla visita pastorale dell’arcivescovo Antonio Morigia del 23 Ottobre 1685 si ricorda che la Sacra Immagine era conservata nell’oratorio di San Girolamo sull’altare in una nicchia chiusa da una vetrina e velata da una tenda bianca a ramages di fiori colorati. L’interno era tappezzato con un vecchio drappo rosso con attaccati molti ex voto: anelli, orecchini, medaglie devozionali scapolari, braccialetti, cuori d’argento, corone del rosario, doni che testimoniavano la grande venerazione e devozione dei sanlorenzesi. Nei chronicon parrocchiali si ha memoria dei solenni scoprimenti e ostensioni della Sacra Immagine per implorare grazie di ogni genere, in particolare quelle legate alla salute e ai fenomeni atmosferici. Questi scoprimenti avvenivano al canto del Vexilla Regis, famoso inno della fine del VI sec D.C., scritto dal vescovo Venanzio Fortunato. Il Crocifisso è rimasto per secoli nell’oratorio fino alla sua intronizzazione nell’attuale grande urna dell’altare della Madonna del Carmine, come disposto dal parroco don Onorio Masetti. |
Queste solenni feste della fine di ottobre del 1962, assieme alle tradizionali ricorrenze venticinquennali degli Anni Santi del secolo scorso e a quelle in occasione dell’inaugurazione del nuovo campanile della fine di settembre 1961, sono le ultime di cui si ha memoria. Tralasciando alcuni dettagli, non posso non ricordare l’emozione e lo stupore provati quando il 30 di ottobre assieme a don Onorio, eliminando il drappo rosso, che per secoli lo aveva nascosto alla vista dei fedeli, scoprimmo il famoso affresco seicentesco. Il dipinto attribuito al pittore campigiano Michele Angelo Palloni fu da lui realizzato in funzione dell’antico Crocifisso, che collocato al centro dava senso compiuto alla composizione. Del complesso lapideo dell’altare seicentesco, demolito assieme all’oratorio nel 1963, rimane soltanto la parte principale costituita da un arco che incornicia il nuovo battistero. L’affresco dopo il restauro, con una decisione opinabile e criticabile, (ndr) fu collocato nella parete destra dell’abside sopra la porta della vecchia sacrestia. Passando alla descrizione tecnica del Cristo ligneo policromato, si apprende che per molto tempo è stato considerato opera seicentesca, ma studi più approfonditi effettuati nel 1989, in occasione dei lavori di restauro, viene attribuito alla scuola fiorentina databile al tardo Quattrocento e collocabile nell’ambito artistico di Benedetto da Maiano e Baccio da Montelupo. Si tratta di due scultori titolari di famose botteghe a Firenze negli ultimi anni del sec XV e tra le cui opere si annoverano molti crocifissi lignei, che senza dubbio, sono stati riferimento e ispirazione, per l’anonimo artista che ha scolpito il nostro Crocifisso. I lavori di restauro, sotto la direzione di Matilde Simari della Soprintendenza Fiorentina, furono eseguiti da Anna Teresa Monti con la collaborazione dell’intagliatore Vestri e dell’Opificio delle Pietre Dure.
Dalle ricerche effettuate sappiamo che in origine il Crocifisso aveva una funzione processionale, facilitata dalla leggerezza del legno di fico impiegato. Le braccia, poi, erano mobili, come rivela chiaramente la conformazione all’attaccatura delle spalle e la presenza di perni interni. Quest’ultima caratteristica e le braccia che si potevano abbassare fanno pensare anche a una sua funzione di Cristo morto, come generalmente avveniva il Venerdi Santo o in altre particolari occasioni liturgiche, secondo un uso diffuso nel quattrocento in Toscana. Completo la descrizione con una curiosità: nella cavità toracica è stato trovato un foglietto scritto da una suora, che implora Cristo Salvatore perché le conceda una morte serena. Il parroco don Aroldo Carotti, in occasione dei restauri, scrive queste righe: “ E’ per la gioia di molti che questo Crocifisso, rinnovato nelle sue fattezze, viene posto al centro della chiesa, alla vista di tutti, perché tutti ne apprezzino la bellezza, ma più che altro ne riscoprirono una nuova devozione.” Faccio mio questo desiderio e spero che possa in un futuro realizzarsi. Ad maiorem Dei gloria.
Da “ la fede, la storia, la tradizione del popolo di San Lorenzo a Campi “.
Franco Masi.
Pagina 7 di 9