Profonda nei secoli, è stata la devozione verso questo meraviglioso Crocifisso, dal volto sofferente, che la tradizione tramanda come miracoloso. Dalla visita pastorale dell’arcivescovo Antonio Morigia del 23 Ottobre 1685 si ricorda che la Sacra Immagine era conservata nell’oratorio di San Girolamo sull’altare in una nicchia chiusa da una vetrina e velata da una tenda bianca a ramages di fiori colorati. L’interno era tappezzato con un vecchio drappo rosso con attaccati molti ex voto: anelli, orecchini, medaglie devozionali scapolari, braccialetti, cuori d’argento, corone del rosario, doni che testimoniavano la  grande venerazione e devozione dei sanlorenzesi. Nei chronicon parrocchiali si ha
memoria dei solenni scoprimenti e ostensioni della Sacra Immagine per implorare grazie di ogni genere, in particolare quelle legate alla salute e ai fenomeni atmosferici. Questi scoprimenti avvenivano al canto del Vexilla Regis, famoso inno della fine del VI sec D.C., scritto dal vescovo Venanzio Fortunato. Il Crocifisso è rimasto per secoli nell’oratorio fino alla sua intronizzazione nell’attuale grande urna dell’altare della Madonna del Carmine, come disposto dal parroco don Onorio Masetti.

Queste solenni feste della fine di ottobre del 1962, assieme alle tradizionali ricorrenze venticinquennali degli Anni Santi del secolo scorso e a quelle in occasione dell’inaugurazione del nuovo campanile della fine di settembre 1961, sono le ultime di cui si ha memoria. Tralasciando alcuni dettagli, non posso non ricordare l’emozione e lo stupore provati quando il 30 di ottobre assieme a don Onorio, eliminando il drappo rosso, che per secoli lo aveva nascosto alla vista dei fedeli, scoprimmo il famoso affresco seicentesco. Il dipinto attribuito al pittore campigiano Michele Angelo Palloni fu da lui realizzato in funzione dell’antico Crocifisso, che collocato al centro dava senso compiuto alla composizione. Del complesso lapideo dell’altare seicentesco, demolito assieme all’oratorio nel 1963, rimane soltanto la parte principale costituita da un arco che incornicia il nuovo battistero. L’affresco dopo il restauro, con una decisione opinabile e criticabile, (ndr) fu collocato nella parete destra dell’abside sopra la porta della vecchia sacrestia. Passando alla descrizione tecnica del Cristo ligneo policromato, si apprende che per molto tempo è stato considerato opera seicentesca, ma studi più approfonditi effettuati nel 1989, in occasione dei lavori di restauro, viene attribuito alla scuola fiorentina databile al tardo Quattrocento e collocabile nell’ambito artistico di Benedetto da Maiano e Baccio da Montelupo. Si tratta di due scultori titolari di famose botteghe a Firenze negli ultimi anni del sec XV e tra le cui opere si annoverano molti crocifissi lignei, che senza dubbio, sono stati riferimento e ispirazione, per l’anonimo artista che ha scolpito il nostro Crocifisso. I lavori di restauro, sotto la direzione di Matilde Simari della Soprintendenza Fiorentina, furono eseguiti da Anna Teresa Monti con la collaborazione dell’intagliatore Vestri e dell’Opificio delle Pietre Dure.
Dalle ricerche effettuate sappiamo che in origine il Crocifisso aveva una funzione processionale, facilitata dalla leggerezza del legno di fico impiegato. Le braccia, poi, erano mobili, come rivela chiaramente la conformazione all’attaccatura delle spalle e la presenza di perni interni. Quest’ultima caratteristica e le braccia che si potevano abbassare fanno pensare anche a una sua funzione di Cristo morto, come generalmente avveniva il Venerdi Santo o in altre particolari occasioni liturgiche, secondo un uso diffuso nel quattrocento in Toscana. Completo la descrizione con una curiosità: nella cavità toracica è stato trovato un foglietto scritto da una suora, che implora Cristo Salvatore perché le conceda una morte serena. Il parroco don Aroldo Carotti, in occasione dei restauri, scrive queste righe: “ E’ per la gioia di molti che questo Crocifisso, rinnovato nelle sue fattezze, viene posto al centro della chiesa, alla vista di tutti, perché tutti ne apprezzino la bellezza, ma più che altro ne riscoprirono una nuova devozione.” Faccio mio questo desiderio e spero che possa in un futuro realizzarsi. Ad maiorem Dei gloria.


Da “ la fede, la storia, la tradizione del popolo di San Lorenzo a Campi “.

Franco Masi.

Nella cappella a destra dell’altare maggiore, chiamata cappella della Madonna del Carmine, ammiriamo il bellissimo altare in pietra e nell’urna illuminata con luci caratteristiche la bella statua dell’Immacolata con le tipiche caratteristiche iconografiche: la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle. Questa disposizione, risalente agli anni ottanta, fu voluta dal parroco don Aroldo Carotti. L’immagine in gesso fu acquistata nel 1943 dal parroco don Ottavio Conti, e custodita per molti anni in un armadio nella grande stanza a sinistra dell’abside oggi nuova sacrestia. Il cappellano don Onorio Masetti , in occasione dell’anno Mariano 1953- 1954 indetto dal papa Pio XII, per solennizzare e ricordare quell’anno, iniziò alcuni lavori nella chiesa: eliminò il pulpito in legno, le basi dei due altari rimasti al centro della navata dedicati: quello a destra al Sacro Cuore di Gesù e quello a sinistra a San Giuseppe. Il giorno 8 Dicembre 1954 inaugurò il fonte battesimale, battezzando per la prima volta due bambini della parrocchia. Prima, tutti i nati della parrocchia di San Lorenzo, venivano battezzati al fonte battesimale della pieve di Santo Stefano. Decise infine che la statua dell’Immacolata fosse sempre esposta sull’altare maggiore sotto il Crocifisso in occasione dei matrimoni a protezione delle nuove famiglie; da allora la statua fu chiamata la Madonna degli sposi. Con la costruzione della nuova chiesa, anche questa statua, come molte altre, cadde nell’oblio. Cerchiamo ora di ricordare le trasformazioni di questo bellissimo altare. L’inventario del 10 maggio 1871, redatto dopo la morte del parroco Francesco Papini e la visita pastorale del card Elia Dalla Costa del 1936, ci ricordano di “ un’ immagine rappresentante la Madonna dei dolori ”. Si tratta della statua della Madonna Addolorata con volto e mani di stucco e abito di seta nera che fino al 1957 era collocata entro la nicchia sull’altare e come ci ricorda don Ottavio Conti: “ di ordinario rimane coperta “. “ L’Addolorata “ , assieme all’altra statua vestita “ La Divina Pastora “, vennero distrutte su disposizione dell’arcivescovo Elia Dalla Costa. Il parroco don Onorio Masetti utilizzò i fregi d’oro della veste dell’Addolorata per confezionare una casula bianca con banda rossa ancora esistente. Nel 1962 infine si rimise a nuovo l’altare, ricavando una grande urna per collocarvi il SS.Crocifisso che il 28 di Ottobre venne traslato dall’altare della Compagnia di San Girolamo e , come vuole la tradizione, dopo i solenni festeggiamenti ricoperto con un drappo rosso. Ai piedi del Crocifisso viene posto, come in passato, il tronetto con il quadro della Madonna del Carmine. Come amante della tradizione, avrei preferito che questo bel quadro restasse per sempre al posto stabilito dai nostri antenati, e questo mio desiderio sia di stimolo a riprendere la devozione interrotta restituendo l’Immagine alla venerazione del nostro popolo.

 

“ La fede, la storia,la tradizione del popolo di san Lorenzo a Campi”.

Franco Masi 

Da molto tempo  nella nostra chiesa esiste un  bel quadro e di conseguenza un radicato culto verso la Vergine del Carmine. Ricordo questa immagine, prima del restauro, con un fondo completamente nero di difficile leggibilità, coperta da ex voto; ben visibili erano soltanto il viso della Vergine e del Bambino Gesù. E’ una bellissima icona piena di sacralità che veniva da tutto il popolo considerata quasi miracolosa. Questa sensazione del miracoloso era avallata da una tradizione che si tramandava nel tempo e che considerava l’immagine come parte rimasta  di una pala d’altare andata distrutta da un incendio e salvata per intervento divino. Questa immagine nella vecchia chiesa si trovava nella cappella eretta nel 1740 sul  lato destro  dove  fu collocato  il bellissimo altare in pietra serena con scritta ” Protectio Nostra Spes Nostra “ ancora oggi visibile. Sull’altare in  un tabernacolo di legno perlato e dorato con cristallo veniva  conservata la sacra icona  coperta con una mantellina di seta color celeste e ornata con il monogramma M in argento che secondo un’antica tradizione si scopriva  all’inizio dei solenni festeggiamenti. Il dipinto ha anche un’importanza artistica: il suo autore  è Baldassarre Franceschini detto il Volterrano ( Volterra 1611- Firenze 1690 ). Fra le molte sue opere sono da ricordare anche il bellissimo soffitto dorato a cassettoni e gli affreschi della cupola absidale della Santissima Annunziata.

L’importanza di questa venerazione alla Madonna del Carmine si evince anche dalla sua proclamazione a  copatrona voluta dal popolo e dalla festa solenne che si svolgeva ogni anno nella domenica fra l’ottava della  festa che si celebra il 16 luglio.  

Nel Chronicon della chiesa il parroco don Ottavio Conti scrive come si svolgeva:

“ Preceduta da un triduo di predicazione ad ora tarda e il sabato in tarda mattinata e al vespero suono a distesa delle campane per l’annuncio al popolo. La domenica, oltre alle due sante messe, alle ore 11  SS Messa solenne in terzo cantata presieduta dal padre predicatore con la partecipazione del coro parrocchiale. Alla sera dopo la celebrazione dei Vespri solenne processione per le vie del paese addobbate all’uopo con archi di luce, fiori e drappi alle finestre delle case. Il quadro della Madonna veniva portato a spalla da otto uomini con la antica macchina (1866-1956), e seguiva la reliquia portata da un padre predicatore ”.

Alla solenne processione partecipavano tutte le associazioni e congregazioni della parrocchia con stendardi e labari. Prestava servizio la banda musicale Michelangelo Paoli di Campi Bisenzio.

Purtroppo questa venerazione si è a poco a poco affievolita con il trascorre degli anni e oggi è completamente scomparsa.

Masi Franco (2009)

“ Memoria Storica di un’antica devozione alla Vergine del Carmine venerata nel popolo di San Lorenzo a Campi “.

Nel territorio di Campi si hanno notizie di antiche confraternite laiche già a partire dal XIV secolo: la Congregazione della Beata Vergine, presso la chiesa di S. Maria, ospizio per i pellegrini diretti ai santuari di San Iacopo, la Compagnia del Corpus Domini e quella della Santa Croce, legata alla venerata immagine del Crocifisso, nella pieve di Santo Stefano. Nel Quattrocento, per volere di alcuni parrocchiani di San Lorenzo, si ha la nascita di una nuova confraternita intitolata a San Girolamo. I capitoli furono approvati il 19 dicembre 1448 dall’Arcivescovo fiorentino Antonino Pierozzi nell’ambito della vasta riforma spirituale delle associazioni laicali da lui fortemente volute. La confraternita era ospitata in un oratorio costruito addossato al fianco destro della chiesa. 

La dimostrazione di tale vicinanza è testimoniata da un documento redatto in occasione della visita pastorale dell’Arcivescovo Antonio Altoviti nel 1568 in cui si legge che una “ fenestra magna ferrata ” mette in comunicazione i due ambienti e che un altare  appartiene alla “ Societatis Sancti Ieronymi ” e appare “ satis ornatum “. Nel 1785, a seguito della soppressione di tutte le compagnie laiche volute dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena, tutti i beni mobili e immobili della secolare Confraternita di San Girolamo furono assegnati alla chiesa e venduti all’incanto. Furono inoltre soppressi tutti i patronati delle comunità e del popolo che divennero giuspatronato del granduca. 

Nei primi decenni dell’ottocento, dopo la breve parentesi della dominazione francese a Campi, si ha la ricostruzione della Confraternita della Misericordia fondata nel 1546, la cui storia fino allora unita alla pieve, s’ intreccerà per molti anni a un’altra chiesa del territorio campigiano. L’anziano priore don Andrea Benini, parroco di San Lorenzo, concesse l’oratorio con il consenso: “la Sovrana permissione” limitandosi alla richiesta di un piccolo canone di affitto: come si legge in un documento del maggio 1816 della compagnia di San Girolamo, già ricostruita nel 1792 dopo la soppressione leopoldina del 1785. Da allora la Misericordia di Campi lascia la pieve di Santo Stefano e assume il nome di Misericordia di San Lorenzo. Nel 1820 Il parroco don Angiolo Benvenuti, che alla morte di don Andrea, lo aveva sostituito edificò un nuovo campanile a torre concepito per sostenere la grande campana acquistata nel 1823 dalla Misericordia e il cui scopo doveva servire a richiamare i confratelli residenti nei popoli vicini. La nuova istituzione è stata ricordata da un’epigrafe, oggi scomparsa, collocata sotto l’altare dell’oratorio e il cui testo ci è pervenuto attraverso la trascrizione fatta negli anni trenta dal priore don Ottavio Conti. “D.O.M. Quod Sodalitas Misericordiae indigentib. infirmis sublevandis Cum titolaribus S.S.Tobia ac Sebastiano Mart. A popularibus S.Laurentii in Campis Instituita sit Anno D. MDCCCXVI tertio Id.Aug. Priorum votis”. L’altare, in pietra serena, come ricordato nella visita pastorale dell’Arcivescovo Antonio Morigia del 23 ottobre 1685, fu costruito nella parete di fondo dell’oratorio e conservava entro una nicchia scavata nel muro  un antico crocifisso in legno appartenente alla confraternita, oggetto di grande venerazione. L’oratorio e l’altare sono stati demoliti nel 1963 in occasione dei lavori per l’ampliamento della chiesa, il Crocifisso è visibile oggi al centro dell’abside. Nel gennaio 1960 il nuovo trasferimento interrompeva definitivamente il legame ultracentenario fra la confraternita e questa chiesa.

 

 “La fede, la storia, la tradizione del popolo di San Lorenzo a Campi”

Franco Masi.

Nel 1843 la marchesa Maria Maddalena Alamanni Uguccioni, vedova di Pietro Filippo, erede della marchesa Eleonora Strozzi, fece erigere un tabernacolo sul lato destro di via del  Paradiso a confine della proprietà. La costruzione, una semplice edicola con cancello di ferro, ospitava all’interno una grande croce di legno che mostrava, come era in uso, gli strumenti della  tortura di Gesù e con alla base il monte santo in pietra a sei cime. L’autore di questa croce è un frate tal Baldassarre Audibert, conosciuto come Baldassarre delle Croci. Il tabernacolo, distrutto nel 1973 a causa  della costruzione della nuova via Saffi, fu ricostruito nel 1996 dalla Venerabile Misericordia di Campi Bisenzio, ricollocata e restaurata la croce e  una nuova lapide in marmo con su inciso : A RICORDAR CHI PER TE MORIO. SPESSO TI SONO O VIATOR DAVANTE. DIMMI FORMASTI IN TANTE VOLTE E TANTE. UN SOL PENSIER CHE T’INNALZZASSE A DIO.

Questo luogo da sempre detto “la CROCE“ è  rimasto solo  nella mente di alcuni anziani per le soste dei parroci durante le processioni chiamate “ROGAZIONI“. Le rogazioni, dal latino rogare ( pregare insistentemente ), sono antichi atti di penitenza: si supplicava  il Signore, invocando la Sua benedizione per il lavoro e i frutti dei campi, come recita un verso di un’antica sequenza “ ut fructus terrae dare et conservare digneris te rogamus audi nos ! “. Queste pie pratiche si svolgevano nella giornata del 25 Aprile chiamate le “ Maggiori “ e nei tre giorni che precedono la festa dell’Ascensione le “ Minori “. A san Lorenzo le Maggiori raggiungevano il chiesino delle Miccine, mentre le altre si snodavano per le vie della parrocchia. Oggi purtroppo queste tradizioni sono quasi scomparse, c’è ancora qualche sacerdote, che nonostante i dettami postconciliari, le tiene ancora vive. Un consiglio quando passiamo da qui, anche se indaffarati, cerchiamo di alzare lo sguardo e ricordiamoci che i  tabernacoli sono muti testimoni della nostra memoria. 

 (Franco Masi)